Pittura murale: aspetti iconografici

La pittura murale delle chiese rupestri si presenta molto raramente con un programma decorativo unitario, mentre, più spesso si è davanti a manifestazioni devozionali episodiche. Con molta frequenza si notano vere e proprie pareti palinsesto, con più strati di pittura parietale, spesso legata alla volontà dei committenti e, quindi, assolutamente indipendente dalla storia della chiesa rupestre che viene decorata.

Ciò che caratterizza e dà valore a questa produzione pittorica è principalmente il significato iconografico e sacrale dei soggetti rappresentati, spesso legati alla devozione privata dei committenti e, conseguentemente, meno sensibile ai cambiamenti delle mode e dei gusti artistici.

Attraverso una lettura dei pannelli superstiti che affrescavano le grotte è possibile avere una serie di informazioni circa il culto dei santi siciliani a partire dal XII secolo, dopo la ricristianizzazione dell’Isola. Da ciò risulta che il repertorio santorale bizantino ritorna ad avere un ruolo importante con l’arrivo dei normanni quasi come se si sottolineasse una continuità culturale tra le due diverse esperienze culturali dell’Isola. Probabilmente databile ai primi decenni della conquista normanna è il ciclo pittorico della Chiesa dei Santi a Cava d’Ispica ; qui, nonostante lo stato fatiscente degli affreschi, si riconosce un programma decorativo omogeneo e unitario che rispecchia una committenza monastica di cultura greca. Esso comprende una teoria di santi che sembra rispondere ad un ciclo devozionale di trentuno giorni ed è suddivisa in due serie parallele di quattordici soggetti che convergono parallelamente verso la porta regale. I corifei sono San Giovanni Crisostomo e un Santo Monaco della Chiesa d’Oriente, quindi seguono cavalieri e coppie affrontate, quasi a presidio del luogo sacro. Il tema mariano ritorna più volte e ciò fa sì che la sequenza venga scandita secondo un ritmo formato da un apostolo, un vescovo, un monaco e un soggetto femminile fino a concludersi, presso la porta dell’iconostasi con i pannelli della Theotokos assisa in trono ai lati di un soggetto cristologico [1].

All’età tardo normanna o sveva e ad una committenza greca sono ascrivibili i pannelli del programma decorativo della Grotta di Santa Margherita a Lentini. Nonostante il pessimo stato di conservazione, tanto da incrinare il riconoscimento dei soggetti iconografici che si susseguivano in riquadri autonomi lungo le pareti dell’aula, opera di una sola mano esperta, mentre è chiaro il significato dottrinale della decorazione della parete absidale. Il catino dell’abside, che conserva l’altare murale, accoglieva una Deesis e ciò suggerisce una destinazione funeraria della chiesa, che in Sicilia trova scarsa applicazione per la preferenza solitamente accordata al Pantocrator in zona absidale. Sopra la Deesis sono cinque medaglioni con gli Evangelisti e l’Agnus Dei. In alto ancora è la scena dell’Annunciazione e ai fianchi dell’altare le figure dei Padri della Chiesa. (S. Paolo e S. Gregorio Nazianzeno).

Programma decorativo più modesto è nella chiesa del Santuario della Croce Santa di Rosolini, dove sono cinque soggetti iconografici di interesse mariano, tra cui una Annunciazione e una Mater Domini speculari al centro delle pareti laterali, mentre una committenza monastica latina sembra essere denunciata dalla presenza di San Benedetto (probabilmente) e di San Pietro e Giacomo con il diacono Vincenzo, e dall’impiego di didascalie latine.

Nella Grotta del Crocifisso di Lentini si nota una forte stratificazione pittorica (tre strati), appartenenti a cinque fasi distinte della decorazione.

La prima fase (XIII) vede il Pantocrator absidale, legato a esperienze proprie di Cefalù, il Giudizio Universale e la Visione di Santo Stefano (parete sud), una Mater Domini nella parete nord, un San Giovanni Battista sul setto divisorio in fondo. Nel corso del XIII secolo, la predilezione per i soggetti iconici fa affollare le pareti di figure di santi giustapposti spesso con carattere meramente devozionale e senza un vero e proprio programma iconografico.

I pannelli appartenenti alla prima fase vennero, infatti, coperti da figure di Santi Cavalieri, San Calogero, un Santo diacono; nel setto divisorio si posero cinque pannelli a mo’ di polittico collegati al culto di San Leonardo (introdotto nel lentinese dai Cavalieri Templari). Duecenteschi sono i pannelli di Santa Elisabetta affiancata dalla Madonna (insoliti per il sud Italia). Un quinto pannello mostra un santo Vescovo (San Nicola?).

Nella parete nord compaiono dieci pannelli iconici in serie continua; sono riconoscibili quelli centrali ripetenti un tema mariano secondo varietà devozionali. Vergine Eleusa, Galactotrofusa. Altri interventi posteriori hanno carattere episodico e sono sempre legati ad aggiornamenti di gusto devozionale. Crocifissione del XIV sec. Santa Chiara, San Cristoforo, Madonna del Carmine, Cristo viandante ecc.

Un radicale rinnovamento della decorazione parietale è nell’abside della Grotta di San Nicola a Modica. La prima serie di pannelli iconici appartenenti ad una cultura greca (XII) fu ricoperta da pannelli di proporzioni maggiori con didascalia latina da parte di un maestro esperto che nel XIII sec. utilizzava ancora un linguaggio iconografico tradizionale.

Al centro è il Pantocrator nella Mandorla tra angeli, fiancheggiato dalla Madonna e dall’Arcangelo Michele.

Il censimento della pittura muraria annovera molti pannelli votivi dove si riconosce l’iscrizione deprecatoria del committente o addirittura la figurina genuflessa dello stesso. Spesso i pannelli sono distanziati tra loro e il repertorio iconografico è limitato ai soggetti tradizionali, propri della religiosità popolare. Essi sono, a parte il culto mariano che si ripete spesso nella stessa grotta con varie tipologie, santi locali, e spesso santi importati in età normanna: San Nicola, San Giorgio, Santa Lucia, San Bartolomeo, Santo Stefano, Santi Anargiri.

I pannelli dipinti si aggirano attorno ai centoquindici, escludendo quelli di cui non è possibile accertare il soggetto. I soggetti sono sempre legati al passato bizantino normanno anche quando sono riproposti nel Seicento. ciò è dovuto sia ad una volontà di non allontanarsi dalla tradizione sia, anche, alla circolazione di icone mobili che rendevano sempre viva la devozione ai santi classici.

I soggetti narrativi sono sempre inferiori ai pannelli iconografici isolati, almeno in Sicilia: unico soggetto narrativo frequente è quello dell’Annunciazione (5 esemplari già dal XII). Nel XIV viene introdotto il tema della Crocifissione la cui diffusione coincide con quella della circolazione di icone portatili (6 esemplari).

Soggetto molto amato è quello della Mater Domini in trono, attestato in 24 esemplari che certamente dipende dall’Icona della Vergine Odigitria (5 esemplari), Bambino sulle ginocchia in posizione frontale (4), Elusa (4) , Galactotrofusa (3).

Nel catino absidale, domina la figura del Pantocrator severo nell’esemplare più antico, giovanile come Salvator Mundi nelle opere più moderne. Due casi di Deesis, e poco documentato il San Michele Arcangelo.

Il tema degli apostoli ha scarsa corrispondenza in ambito devozionale. Apostoli occidentali: San Pietro (5), San Giacomo (3), San Bartolomeo (1), la cui devozione in Sicilia è legata ai monaci benedettini di Lipari. Si ha una sola opera con San Paolo, Filippo e l’evangelista Marco e ben 17 sono gli esemplari di vescovi in fogge bizantine: San Gregorio Nazianzeno, San Giovanni Crisostomo, San Biagio e San Nicola (6). 2 esemplari di Santo Stefano e 1 di San Vincenzo. 6 esemplari di monaco incappucciato (Sant’Antonio o San Benedetto).

Alla cerchia devozionale normanna, collegata all’ideologia monarchica e militare crociata, sono legati i Santi guerrieri a cavallo (Teodoro, Demetrio e Giorgio) disposti, per esempio nella chiesa dei Santi di Cava d’Ispica a coppie affrontate in un unico pannello a presidio dell’ingresso della chiesa. Al ciclo militare normanno appartiene anche San Mercurio della chiesa di S. Micidario di Pantalica, soggetto raro che appare nella Cappella Palatina di Palermo.

Esaltazione della regalità e anelito verso i luoghi santi appare nei soggetti femminili di Sant’Elena (Inventio Crucis), presente a S. Nicolicchio di Pantalica, e in S. Caterina d’Alessandria (2).

L'ascetismo militare degli ordini cavallereschi in Terrasanta, insediati in epoca normanno sveva è incarnato da San Giovanni Battista (4) proveniente dalla Cappella Palatina di Palermo e presente nella Cripta di S. Marciano a Siracusa. La sua matrice devozionale è evidente nel Polittico di San Leonardo nella Grotta del Crocifisso a Lentini dove il santo monaco francese è spesso associato al Battista e ad altri soggetti che evocano i Luoghi Santi.

La pittura rupestre siciliana offre la testimonianza più copiosa della produzione pittorica siciliana di epoca normanno-sveva. Essa, certamente non di altissimo livello a confronto con la produzione musiva e su tavola (data anche la committenza più colta e cortese), è strettamente collegata a quest’ultima, pur risultando sempre di livello medio-basso e con esiti spesso ingenui e legati alla religiosità popolare e devozionale.

Come in Puglia e nel Materano si riconoscono anche in Sicilia due diverse maniere di rappresentare la sacralità dell’icona murale. Quella più antica, tipica espressione del provincialismo bizantino si affida allo splendore dei colori come smalti, alla profusione di ornamenti (rosette perlinate, contorni punteggiati) e si ritrova in affreschi di XII secolo, sempre accompagnati da didascalia greca. I risultati migliori si notano nella Grotta dei Santi a Cava d’Ispica, dovuti ad un maestro di estrazione monastica, mentre un chiaro interesse per particolari minuti si ha nella Grotta di Santa Margherita di Lentini che deriva dai manoscritti miniati.

Episodio isolato pare il corredo pittorico delle chiese di Pantalica con rozze figurine campite con tratti legnosi e di modesta gamma cromatica.

Nel XIII la maniera bizantina cede gli schemi iconografici a forme più corpose tipiche del mondo occidentale, scompaiono inoltre le didascalie greche. La realizzazione più importante è data dal Polittico di San Leonardo della Grotta del Crocifisso di Lentini, dovuto, probabilmente, ad un maestro di ambito svevo.

Nel XIV secolo tale ultima maniera si semplifica ancora con figure campite con ampie pennellate senza dettagli su un abbozzo rossastro con tavolozza spenta. (Grotta dei Tre Santi nella campagna lentinese, Santi di contrada Pianette nell’altopiano acrense). La sacralità delle immagini è ora assegnata alla variazione delle cornici, dei nimbi.

[1] In questa chiesa appare estremamente interessante che le due serie processionali abbiano come capofila San Nicola e San Pietro, quasi allusione al parallelismo tra Chiesa di Roma e Chiesa d’Oriente.