Geomorfologia e il fenomeno del trogloditismo

La morfologia del suolo siciliano condiziona in modo forte la distribuzione degli insediamenti rupestri nell’Isola. Essi sono frequenti in settori montani e nelle vallate, dove è più agevole sfruttare grotte di vario tipo e dove è maggiore la possibilità di trovare rifugio in caso di eventuali invasioni.

Principalmente, la zona sudorientale dell’Isola, contraddistinta da teneri calcari affioranti e dal paesaggio eroso dai solchi torrentizi delle “cave”, ha favorito lo sviluppo di insediamenti trogloditi che spesso assumono caratteri spettacolari. Le cave, ovvero delle conformazioni geologiche caratterizzate da una profonda escavazione naturale provocata spesso dall’acqua, possono essere identificabili con piccoli canyon, assimilabili spesso ai cosiddetti Ouadi dell'Africa settentrionale, con pareti quasi verticali, caratterizzano tutta la zona dell’area gravitante attorno a Ragusa e Siracusa; tra queste sono di grande interesse: Cava d’Ispica, tra Modica e Ispica, Chiafura a Scicli, Pantalica, Cava Grande e Cava dei Servi. In modo particolare, appare di importanza fondamentale l’analisi della situazione della cosiddetta Cava d’Ispica che, per il precoce abbandono non ha subito i rimaneggiamenti delle altre città trogloditiche ragusane e, pertanto, permette una valutazione genuina della sua architettura e delle sue chiese rupestri.

L’importanza della realtà troglodita è tale che, nel cosiddetto “tavolato ibleo”, già in pieno XI sec. si attivava la partizione cantonale dell’Isola detta “Val di Noto” e, quindi, con la rifondazione normanna delle sedi vescovili, si costituiva la diocesi siracusana. Pertanto, appare chiaro che è impossibile definire l’insediamento rupestre qualitativamente inferiore a quello canonico subdiale, risultando esso come frutto di un parallelo e affatto simile, dal punto di vista giurisdizionale, sviluppo della nuova società normanna.