Forme di abitazione

Affermato, in modo abbastanza definitivo, il valore sociale ed economico (nonché politico e religioso) della realtà rupestre, è chiaro che una oggettiva classificazione degli insediamenti non può prescindere dalle caratteristiche orografiche, topografiche e dagli accorgimenti di difesa delle popolazioni.

La classificazione è legata certamente alle dimensioni dell’insediamento stesso, ma anche dalle modalità di occupazione del suolo o di sfruttamento delle cavità naturali. In base a queste premesse è necessario distinguere le forme abitative trogloditiche in:

  1. Città troglodita
  2. Ddieri
  3. Insediamenti in cave poco profonde con escavazioni allineate su un unico filare
  4. Occupazione di creste isolate [1]

La tipologia a, la cosiddetta città trogloditica, corrisponde ad un abitato di dimensioni considerevoli, generato grazie all’occupazione di pareti terrazzate di speroni formati dalla confluenza di almeno due cave e che culmina con la costruzione di una cittadella in muratura. Tale tipo di insediamento è spesso in relazione alla nascita dei kastra bizantini e caratterizza le città di Modica, Scicli, Ragusa, mentre forti affinità si ritrovano con i villaggi berberi della Tunisia e del Gebel Nefusa libico.

Particolarmente interessante è la disposizione delle grotte, spesso ad anfiteatro in luoghi soleggiati e/o protetti e frequentemente accoglienti interi quartieri rupestri (Chiafura a Scicli, Catena a Modica). La difesa delle città troglodite è assicurata dall’occupazione dello sperone di confluenza tra due cave, ponendosi quasi come una sorta di naturale torre di vedetta per la città retrostante. [2]

La tipologia b, il cosiddetto ddieri (arabo: al-diyar le case), è tipica della Sicilia sud-orientale e corrisponde ad un insediamento scavato in una parete dirupa, con filari sovrapposti di grotte dove la viabilità orizzontale veniva assicurata da ballatoi, gallerie e cunicoli al buio, mentre quella verticale da pozzi tra le grotte stesse.

Appare chiara la specificità difensiva di questo tipo di insediamento e, infatti, sono esemplari i casi di Timpa Ddieri presso Villasmundo nel Siracusano, della Contrada Caitina a sud di Modica, e dei cosiddetti “Convento” e “Castello” a Cava d’Ispica, del “Palazzo dei Ladri” di Cava Anasarca a sud di Ragusa e della Grotta di Sant’Agrippina presso Mineo. Appare interessante, inoltre, la scarsissima presenza di chiese rupestri e ciò potrebbe dare maggior credito al carattere essenzialmente difensivo degli insediamenti.

La tipologia c vede le grotte allineate su un unico filare con carattere di abitati aperti, sprovvisti di elementi difensivi che, tuttavia, presentano i segni di una organizzazione stabile, caratteristiche queste che permettono di riconoscere in questi agglomerati rupestri i tipici casali altomedioevali e normanno-svevi. Elemento di aggregazione di questo tipo di comunità rurale, a differenza di quanto avveniva nei cosiddetti ddieri, è la chiesa rupestre che, per le caratteristiche architettoniche, può trovare una giusta collocazione tra l’VIII e il IX secolo e che permette di datare l’intero insediamento all’alto medioevo. Le caratteristiche riconosciute a questo particolare tipo di abitato rupestre permettono di riconoscere in esso un Chorion bizantino e, quindi, di ipotizzare una sorta di continuità di insediamento, nonostante la conquista araba. Esempio principe di tale tipologia è la Grotta di Santalania nel lentinese, dove le escavazioni di facile accesso si concentrano attorno ad uno spiazzo che funge da area comune lungo le basse pareti di una piccola cava, mentre più valle è la chiesa, che sembra appartenere ad un nucleo isolato preesistente.

La tipologia d è quella forma d’insediamento che prevede l’occupazione di creste montane isolate, con grotte formate da tre o quattro camere al massimo su cui si insedia spesso la masseria moderna. Tali particolari forme insediative corrispondono a piccole fattorie organizzate in casali e, spesso, accanto a tale tipologia ricorre anche la casa rurale con tre vani che si aprono sull’ambiente centrale.

Dal punto di vista tecnico, nelle quattro tipologie ora evidenziate si riconosce una sorta di uniformità dal punto di vista dell’arredo, e delle forme di viabilità e comunicazione tra le singole stanze. In senso verticale essa è assicurata da pozzi con pioli o scale mobili, mentre sono rare le scale a chiocciola interamente scavate nella roccia che sono solitamente riservate ad edifici più imponenti come il complesso detto di Santa Maria a Cava d’Ispica, ispirato all’architettura costruita. In senso orizzontale, invece, si nota la presenza di ballatoi e di percorsi lungo il crinale della montagna scavata.

Sia che tali insediamenti avessero un carattere essenzialmente difensivo sia che si sviluppassero come mera forma abitativa parallela a quella subdiale, ciò che si coglie ad un primo sguardo è il carattere civile di esse. È, infatti, possibile individuare singoli nuclei abitativi a più vani con ingresso autonomo con cucine con camino nel vano più esterno, cisterne per raccolta di acqua piovana e vani interni adibiti a dispensa o ad alcova.

Nelle cosiddette “città trogloditiche” appare certamente chiaro che la specificità di tali insediamenti è quella di essere estranei al carattere aperto del casale normanno, che costituisce l’unità di base della struttura territoriale della campagna siciliana fino ai primi anni del secolo XIV; si tratta, infatti, per lo più di centri organizzati per la difesa con una sorta di incastellamento peculiare alla natura rupestre dell’insediamento. Ciò fa sì che essi possano essere equiparabili alle cosiddette “terre”, cioè borghi chiusi da mura e dotati di un proprio statuto giuridico in cui si concentra la popolazione rurale nel tardo medioevo.

[1]] Oltre alle summenzionate tipologie di insediamenti rupestri ce ne sono altre di cui non conosciamo l’origine ma soltanto l’evoluzione finale. Frequente è anche il caso di chiese rupestri altomedioevali che si inseriscono in contesti cimiteriali paleocristiani utilizzando ipogei isolati come la Grotta della Madonna e dei Santi di Petracca sull’altipiano di Acri, oppure trasformando massicciamente gruppi di ipogei come la grotta del Palazzo Platamone di Rosolini

[2] Una situazione particolarmente interessante è quella degli agglomerati di Cava d’Ispica e di Pantalica che, però, non raggiungono mai la consistenza di città trogloditiche, perché abbandonati nel corso del tardo medioevo.