Tavola - Madonna del Castello
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ApprofondimentiDescrizioneNarra una leggenda locale che la tavola fu trovata sulla spiaggia di Agnone da un gruppo di marinai catanesi e lentinesi, i quali, per stabilire in quale città essa dovesse essere conservata, si affidarono alla sorte la quale volle che l’opera finisse a Lentini dove, nel 1240, fu consegnata ai magistrati e conservata nel castello sul monte Latina, oggi Tirone, dal quale prese appunto la denominazione di Madonna del Castello, rimanendovi custodita e venerata fino al 1675. Nel 1693, anno del terremoto che colpì tutta la zona, fu trasferita nella nuova cattedrale dei Santi Maria ed Alfio dove rimase rivestita di una “manta” d'argento settecentesca ancora visibile fino a qualche decennio fa. Di classica derivazione bizantina è lo schema di della rappresentazione: sul fondo oro, ormai quasi del tutto sbiadito, campeggia l’immagine della Madonna, dipinta a figura intera, intenta a sostenere il figlio, vestita di una tunica di un blu intenso e ricoperta da un maphorion marrone scuro. Il Bambino, coperto da un himation di colore ocra è dipinto in atto benedicente mentre con la mano sinistra tiene un libro. Nella zona inferiore dell’icona sopra una pedana dai bordi scuri, recante tracce di un'iscrizione in caratteri greci, sono ben visibili le scarpe rosse della Madonna. Il dipinto, che oggi versa in assai precarie condizioni, è stato più volte oggetto di restauri e di scadenti interventi di pulitura come quello del 1665 nel corso del quale furono rifatti il fondo oro e le aureole. Ciò malgrado, l’opera ha conservato intatto il suo chiaro impianto compositivo, caratterizzato da una severa per quanto rigida monumentalità e da una profonda espressività dei volti e degli sguardi. Se non sembrano sussistere dubbi circa la derivazione della tavola da un qualche prototipo costantinopolitano rivisitato probabilmente dall’ignoto artista locale, rimangono diverse perplessità circa la datazione che dovrebbe comunque attestarsi intorno alla prima metà del XIII secolo, tenuto conto non soltanto della leggendaria data del rinvenimento, ma anche della tela quattrocentesca, raffigurante la Madonna, Gesù Cristo e Dio Padre che, prima del restauro eseguito nel 1941 da Giovanni Nicolosi, era ancora incollata sul retro. Stando alle testimonianze dell’epoca, essa mostrava manifestamente influenze pisane e marchigiane, tali da essere riconducibile alla scuola di Gentile da Fabriano. Bibliografia
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