Mosaici

Secondo quanto ormai ampiamente testimoniato, in Sicilia il rapporto fra architettura del periodo normanno e mosaici non è mai stato semplice ed è, quasi sempre, il frutto di un compromesso. Nel seno delle varie situazioni in cui sfocia il rapporto tra architettura di tipo occidentale e decorazione di tipo orientale, nella cattedrale di Cefalù si verifica la totale indipendenza della struttura muraria dall'apparato musivo, certamente non previsto in fase di ideazione della fabbrica ruggeriana e completata solo durante una fase avanzata della sua costruzione. Pare certo tuttavia che esso risalga al 1145 quando Ruggero pensò di trasformare la cattedrale nel suo mausoleo chiamando maestri bizantini e di formazione cosmopolitana che si trovarono ad operare, come già detto, su un invaso spaziale d'ispirazione nordica, evidenziando in maniera spiccata il sincretismo culturale e ideologico di Ruggero negli anni 1145-48 volto da un lato verso Saint Denis e dall'altro verso Costantinopoli.

Dal punto di vista della datazione, le figure del quarto registro trovano riscontro nei santi sui piedritti degli archi della navata centrale della Cappella Palatina, riferibili agli anni di Guglielmo I (1154-‘66) mentre quelli dei registri superiori, di certo precedenti, utilizzano schemi in linea con l'evoluzione della pittura comnena negli anni 1150-'70.

Ed a questa fase, un poco più tardi si agganceranno i mosaici di Monreale, i quali ignorano lo stile formatosi negli anni di Guglielmo I guardando agli esiti delle decorazioni ruggeriane. È solo a Monreale che il rapporto mosaici-architettura sembra svolgersi attraverso una reale presa di coscienza del problema. La decorazione musiva monrealese, ormai ancorata entro la data di morte di Guglielmo n (1189), appare di carattere essenzialmente bizantino: responsabili della grandiosa opera non furono quindi mosaicisti siciliani, istruiti da maestri bizantini, ma maestranze bizantine, imbevute di cultura figurativa tardo comnena, volute dallo stesso Guglielmo II, in una ondata successiva a quella ruggeriana. Nella cattedrale monrealese tutta la figurazione ha un suo preciso logico svolgimento sia dal punto di vista stilistico che dogmatico, dal momento che rappresenta il più ampio e articolato programma iconografico, di concezione occidentale, realizzato in funzione della divulgazione della fede.

Il carattere essenzialmente sincretico della decorazione musiva di epoca normanna in Sicilia, che si evince dalla confluenza di valenze iconografiche occidentali e bizantine, risalta in particolar modo nella decorazione della Cappella Palatina di Palermo dove sussiste, peraltro, una differenza cronologica e, quindi, conseguenzialmente, di fattura tra i mosaici della cupola e del transetto e quelli delle navate. I primi, anteriori al 1143, sono riconducibili agli ateliers ruggeriani, gli altri sono, invece, databili tra il 1154 e il 1166, all’età, cioè, di Guglielmo I, quando nessuna delle peculiarità stilisti che monrealesi è ancora presagita. Le figurazioni di questi ultimi appaiono, quindi, più rigidi e dall'angolosità più marcata rispetto alla maggiore fluidità e ricchezza di quelli ruggeriani. Dal punto di vista iconografico, la decorazione assolve ad un preciso linguaggio morale e ad un appello dell’ortodossia. Più che con i mosaici dell’epoca di Guglielmo I, le lumeggiate monrealesi trovano invece un confronto più stretto con i mosaici della chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio. La decorazione musiva, coeva a quella più antica della Cappella Palatina, e quindi, espressione delle imprese pittoriche ruggeriane, è presumibilmente databile fra il 1143 ed il 1151.

[…] Per quanto concerne il supporto dei mosaici d'età normanna, esso è costituito da una struttura muraria a conci ben squadrati, legati da sottili strati di malta che compongono una cortina omogenea, regolare e ben levigata. Al di sopra dello stesso venivano posti degli strati preparatori di malta, generalmente due, ma talvolta tre o uno solo. Lo spessore totale degli strati, comprensivo di quello del tessuto musivo, non superava mai i sette centimetri. n colore della malta e dello strato d'allettamento si presentava chiaro, talvolta bianco, come nei mosaici di Cefalù. Il primo strato presentava una superficie alquanto ruvida ottenuta mediante gli intacchi della cazzuola al momento della stesura. n secondo, o quello di allettamento, si caratterizzava per l'uso abbondante di paglia e l'impiego di chiodi. La paglia serviva a conferire tenacità alla malta, mentre i chiodi, se non dovuti a interventi di restauro, dovevano forse servire a garantire l'aderenza del supporto musivo alla muratura, anche se spesso risultavano nefasti per la conservazione del supporto. A Monreale, come nella Cappella Palatina e nel Duomo di Cefalù, esiste ovunque il disegno preparatorio e risulta aderente al verso dei brani staccati, delimitato con nitidezza con i colori rosso, rosso scuro, giallo ocra, giallo chiaro, grigio, nero. Secondo un metodo consolidato, ai fondi d'oro corrispondono nel disegno preparatorio stesure in rosso, colore che dona una maggiore vibrazione agli smalti con la foglia d'oro. Le impronte della tessera misurano cm 1.2 x l. 2 circa ed hanno un andamento regolare a file orizzontali. Il nero sottendeva al nero delle iscrizioni, il grigio presenta impronte che rimandano ad un tessuto di tessere piuttosto piccole, variegate e dall’ordito più o meno fitto, il giallo chiaro serviva da guida per le parti nude delle figure, l'ocra talvolta corrisponde pure a stesure di fondi aurei. Nel corso dei distacchi compiuti a Monreale è stata rinvenuta una sinopia rappresentante un libro ed una grande ala, disegnata direttamente sul paramento murario, dato quest'ultimo che ha permesso di approfondire la conoscenza delle tecniche di esecuzione nei cantieri bizantino-normanni.

Le stesure musive erano costituite da tessere di pasta vitrea, di paste vitree dorate e da tessere lapidee per le quali venivano usati calcari locali. Non si conosce, allo stato attuale, il luogo di produzione delle tessere di pasta vitrea, anche se un indizio, a favore di una continuità di tradizione, ci viene fornito da Masi Oddo, il primo dei restauratori dei mosaici monrealesi, che "il vetro lo cuoceva in Monreale". Il ritrovamento poi di frammenti di pizze vitree non utilizzate in cavità delle murature e in vani di finestra, poi murati, sembrerebbe affermare che le pizze erano tagliate in situ, anzi proprio sui ponteggi.

(da Giulia Davì, L’arte del mosiaco, in Nicola Giuliano Leone, Eliana Mauro, Carla Quartarone, Ettore Sessa, “L’arte siculo-normanna. La cultura islamica nella Sicilia Medievale”, volume “Italia” del Ciclo internazionale di mostre Museo Senza Frontiere “L’Arte islamica nel Mediterraneo”, DiSPA UniPa – OING MSF – Electa, Madrid, 2005, pp. 173-175).