I cicli musivi

Itinerario cicli musivi
  • Tipo: mosaici

Descrizione

Il termine “mosaico” probabilmente è di origine greca - µουσαικóν (musaikòn)- e potrebbe significare “opera delle Muse” o identificare il tipico rivestimento applicato alle grotte dedicate alle Muse stesse realizzato con sassi e conchiglie.

Da questa particolare forma di rivestimento parietale, con elementi singoli, nasce probabilmente il termine latino opus musivum o opus tassellatum, con un chiaro riferimento ai frammenti litici o vitrei o addirittura aurei che si usavano per costruire l’immagine, dette in greco α‘βακι‘σκοι (abakìskoi), quadrelli e in latino abaculi, tesserae, tessellae.

Nonostante nell’immaginario comune il mosaico rimandi alla cultura bizantina, tracce di primi rivestimenti musivi si hanno nelle antiche città sumeriche di Ur e Uruk (circa 3000 a.C.), dove si trovano sia decorazioni parietali che ornamentazioni su vasi e suppellettili, così come succede nell’Egitto del III millennio a.C.

Il mosaico nel medioevo

Essendo la capacità di smaterializzare il muro la caratteristica precipua del rivestimento musivo, esso troverà piena applicazione nelle strutture dove è necessario abbandonare qualsiasi riferimento allo spazio costruito e materiale per contemplare le realtà ultraterrene. La necessità della Chiesa di accompagnare, attraverso le immagini, le letture dei testi sacri fa sì che all’interno degli edifici ecclesiastici si stendessero dei veri e propri tappeti musivi, raffiguranti immagini del mondo ultraterreno o scene della vita di Cristo o dei Santi, il cui valore andava ben al di là della pura decorazione parietale. Diventando, in tal modo il luogo terreno ove avviene l’incontro con il Paradiso, la chiesa diventa l’ambiente adatto per la fattura di immagini musive di eccezionale importanza e dimensioni.